l’Italia ha un primo punto di debolezza nel livello del suo capitale umano: la competenza digitale, misurata con il numero di specialisti informatici e con il numero di persone che hanno un’alfabetizzazione digitale di base sul totale della popolazione, è la variabile per la quale l’Itala si trova più indietro. È ultima nella classifica europea a tutti i livelli, specialistici e di base: non c’è nessun paese peggiore dell’Italia da questo punto di vista. E poiché l’efficacia della dotazione di tecnologie digitali in un paese dipende dalla capacità di utilizzarle manifestata dalla sua popolazione, un recupero sul piano delle competenze digitali dovrebbe essere la priorità delle priorità. Anche perché, un conto è imparare sul campo a usare le tecnologie, un altro conto è diventare protagonisti creativi della loro applicazione alle varie funzioni della vita professionale e personale: la competenza è necessaria per usare criticamente e innovativamente il digitale.
Per digitalizzare le aziende è necessario che esse siano pronte ad abbandonare i modelli di business tradizionale al fine di semplificare e snellire i flussi di lavoro tramite l’automazione di procedure e attività aziendali. In quest’ottica, i processi aziendali devono essere quindi ridefiniti assieme all’organizzazione complessiva dell’impresa stessa. Questo perché digitalizzare non significa semplicemente dematerializzare documenti cartacei e acquistare nuovi dispositivi elettronici. Vuol dire implementare un vero e proprio nuovo modello di business che integri il digitale non solo nei processi produttivi ma, soprattutto per quanto riguarda le imprese di minori dimensioni, anche a livello della governance, ovvero delle procedure che regolano la conduzione di una società, e di gestione dei flussi informativi, cioè della comunicazione di dati rilevanti fra dipendenti, fornitori, clienti ed eventuali investitori.
